Appunti su “Autoctono si nasce 2014″
Un evento di grande ‘gusto’ quello organizzato dall’associazione Go Wine dedicato ai vitigni autoctoni e tenutosi a Milano lo scorso 23 gennaio.
Presenti circa una sessantina di aziende (con consorzi e associazioni che da sole rappresentavano almeno 10 aziende) ho potuto stimare, ma non contare (colpa della lucidità che mi ha abbandonato subito!), circa quattrocento etichette in degustazione.
Numerosi i produttori Friulani, Piemontesi, Lombardi e Veneti, ma degnamente rappresentate anche le altre regioni italiane.
Sono partito con un mio preciso e ben definito itinerario a cui tenere fede (descritto in un mio precedente post) ma, entrato in questa grandissima sala dell’Hotel Michelangelo a Milano, ho capito subito che sarebbe stata dura!
Mi sono sentito un po’ perso, disorientato dal numero delle etichette e il mio occhio è caduto subito sul mio primo amore: I Vini Spumanti.
Ho dovuto subito rivedere il mio piano e ridefinire la mia visita.
Un piano B vincente che ha ampliato le mie conoscenze sulle etichette metodo classico e metodo charmat e che, dopo una puntatina veloce sui bianchi, ha visto una piacevole sosta al banco dell’Associazione Produttori Schioppettino di Prepotto, dove un volto amico, Emiliano, collega Fisar, mi ha deliziato nell’assaggio dello Schioppettino, chiudendo infine con una diagonale sul Moscato di Scanzo DOCG, ospitata dal suo consorzio.
Vorrei iniziare con questi miei ‘primi amori’, i vini spumanti, lasciandovi con la promessa di soffermarmi sugli altri, Schioppettino e soprattutto Moscato di Scanzo, nei prossimi spazi.
L’Antica Cascina dei Conti di Roero ha proposto un Brut e un Rosé Brut. Il primo prodotto da Arneis (80%) e Nebbiolo (20%), cristallino, di un colore giallo paglierino carico con perlage fine e persistente. Molto elegante con sentori di fiori gialli (soprattutto fiori di acacia), frutta gialla, e nuance di biscotti e crosta di pane. In bocca risulta molto equilibrato, supportato da una buona acidità e leggermente sapido.
Quello che mi ha colpito del Rosé, invece, prodotto con Nebbiolo in purezza, è la brillantezza ed il suo colore tra il rosa chiaretto e il Buccia di cipolla, che mi ha ricordato il colore di alcuni Champagne Rosé. In bocca non risulta molto equilibrato, probabilmente a causa del tannino non ancora ammorbidito dall’affinamento sui lieviti (18 mesi rispetto ai 30 mesi del classico) che fa quindi prevalere gli elementi di durezza. Produrre un spumante con Nebbiolo in purezza non è da tutti, discutendo con il produttore proprio sugli elementi di durezza siamo convenuti che sicuramente in parte questa caratteristica è voluta, ma la sua idea per le prossime annate è quella di allungare l’affinamento sui lieviti per smorzare questo elemento e rendere il Rosé leggermente più morbido
Illuminante è stato l’incontro con Alessio Brandolini, giovane 30enne a capo dell’omonima azienda di famiglia, che, dopo laurea Scienze viticole ed enologiche nel 2008 ed alcune esperienze, ha fatto una scommessa: fare vini utilizzando le sue uve, fino a quel momento conferite a La Versa. Possiamo dire che questa scommessa è stata vinta, se il risultato è la presenza del suo nome su le migliori guide italiane del settore (Vini D’Italia, I Vini DI Veronelli). Ho avuto il piacere così di degustare i suoi primi Oltrepò Pavese Metodo Classico DOCG: il Luogo d’Agosto 2010 Extra Brut ed il Note d’Agosto 2010 Extra Brut Rosé, entrambi Pinot Nero in purezza, 24 mesi sui lieviti.
La mia preferenza punta sul primo, molto più fresco e piacevole rispetto al Rosé, sicuramente elegante ma forse al mio palato un po’ troppo ricercato. Da Segnalare logo e etichette opera di Beppe Fasciutti
Presenza ormai fissa a tali eventi è Adriano Gigante che ha stuzzicato in me subito la voglia di un confronto tra la sua fama e gli altri, così da lasciarmi andare nel provare il suo VSQ Rosé, ottenuto con metodo charmat lungo da vitigno Ribolla Nera, noto nella sua zona semplicemente con il nome di “schioppettino”, il Brut Rosé Prima Nera.
La prima sensazione, condivisa anche con altri colleghi, è stata quella di essere di fronte ad un metodo classico e non charmat, con un perlage fine, elegante e mediamente persistente. Sentori di frutta rossa, agrumi e qualche nota minerale, in bocca risulta fresco, ben strutturato, leggermente sapido ma abbastanza equilibrato.
Metodo Classico un po’ sui generis, difficilmente confrontabile con gli altri, è quello prodotto da Il Dominio di Bagnoli (a me ricorda un po’ il Dom Cabanon Metodo Classico Brut), un millesimato che si produce solo in alcune annate eccezionali in cui si sviluppano qualità organolettiche dell’uva Friularo (70%) che, insieme allo Chardonnay (20%) e al Pinot Gigio (10%), rappresenta il blend di questo metodo classico.
Con più di sette anni dalla vendemmia, di cui cinque sui lieviti e almeno uno di affinamento in bottiglia, dopo la sboccatura, il Millesimato 2006 risulta all’esame visivo velato, offuscato , che è la sua particolare caratteristica. Difficile definirne il colore, con le luci soffuse quasi un giallo verdolino intenso, che si sposta più verso i toni propri del verde. Il perlage risulta fine e persistente, mentre al naso rimane molto intenso e complesso con sentori di frutta fresca e secca, qualche nota floreale e il classico profumo della crosta di pane. In bocca è di corpo, con una piacevole sensazione di sapidità accompagnata da una forte dominanza acida. Le sensazioni retro olfattive amplificano le note positive sentite al naso e in bocca, anche a causa della sua persistenza.
Concludo con Leone de Castris ed il suo Five Roses Salice Salentino Doc Metodo Classico, che alla vista appare brillante, colore buccia di cipolla di leggera intensità, molto elegante, con un perlage fine. Al naso tanti profumi, mediamente intensi ma complessi, fruttati e floreali che si alternano, frutti di bosco (lamponi, fragole), fiori (rosa), agrumi, classiche tostature e qualche nuance di speziato. In bocca ci si aspetta un’esplosione di aromi, una certa rotondità, una persistente acidità, tutte sensazioni ritrovate ma con difficoltà, quasi sicuramente la temperatura di servizio un po’ troppo alta non ha molto aiutato la degustazione poiché ha accentuato la pesantezza del vino, una sapidità un po’ troppo spiccata, accentuata sensazione alcolica, risultando a mio giudizio leggermente disarmonico
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