VINOWAY – Le Masterclass di “All’Ombra del Borgo”

Articolo pubblicato a luglio 2019 su Vinoway.com (https://bit.ly/2mCWalK)

All’Ombra del Borgo, Buona la prima! Meglio sarebbe dire “la zero”, visto che quella che si è tenuta nel borgo medievale di Mel-Borgo Valbelluna, sabato 20 e domenica 21 luglio, avevo lo scopo di provare un nuovo format “partendo da zero” e con l’obiettivo di puntare i riflettori sulle produzioni locali vitivinicole del bellunese.

Come sempre ricca e varia l’agenda della manifestazione ideata e organizzata da Vinoway Italia e Proloco Zumellese.

Oltre ai classici walkaround tasting e gli immancabili convegni moderati da Davide Gangi, Presidente di Vinoway Italia e Editor in Chief del Magazine on line Vinoway.com, durante la due giorni nella medievale piazza centrale di Mel con sullo sfondo la facciata della Chiesa di Santa Maria Annunziata risalente al 1700, si sono tenute due degustazioni guidate, entrambe presenziate da oltre 40 partecipanti, tra giornalisti di settore e semplici appassionati.

La prima ha visto come protagonisti i vini ottenuti dai vitgni PIWI, alcune delle nuove varietà ibride resistenti alle crittogame, le malattie fungine. Il nome è l’acronimo di PilzWiderstandsfähig che in tedesco significa proprio “resistenti agli attacchi dei funghi”

In Germania già dal 1950 (Istituto di viticultura di Friburgo) si studiano tali varietà e dagli anni ‘70 si è iniziato a pensare di utilizzarli per produrre vino da immettere sul mercato. In Italia anche l’Università di Udine e e l’Istituto di genomica applicata  hanno messo a punti altri  vitigni resistenti alle malattie ed hanno affidato la commercializzazione ai Vivai Cooperativi di Rauscedo.

Come da prassi si inizia dalle bollicine, ecco quindi due Metodo Martinotti entrambi da Solaris in purezza. Il Brut Derù 2018 – Az. Croda Rossa dal naso sottile è un vino gentile ed elegante, un suo sorso chiama l’altro. Il Brut Solaris Augusta Altinate 2018 – Az. Dorgnan ti spiazza per la sua cremosità e per quella ondalunga di sensazione di piacevolissima freschezza al palato.

Ancora Solaris ma vinificato fermo per Il principe di Mel 2018 – Az. Giuliano Menel, solo 7.000 mq vitati piantati su una collinetta di Mel che un tempo si chiamava Le Vigne, a testimonianza che in questa zona già si praticava la viticultura. Un vino che si svela poco a poco, le cui uve raccolta a piena maturazione lo rendono molto equilibrato. Il finale è lungo e molto sapido.

Case lunghe 2018 – Az. Agricola Filippo De Martin è la vera sorpresa della serata. 80% Bronner e 20% Solaris (Filippo ha candidamente ammesso che doveva riempire la vasca). Nel 2015 inizia a piantare i primi vitigni resistenti, per ora meno di un ettaro e solo 3.000 bottiglie prodotte per il geometra di San Gregorio nelle Alpi bellunesi. Vino diretto, verticale, acidità ben presente ma per nulla invasiva, dal finale sorprendente.

Cerealto Bianco 2017 – Az. Terre di Cerealto. Prima azienda in Veneto a piantare vitigni resistenti. La 2017 è la prima annata per questo blend (60/40) di Johanniter e Bronner, che crescono a 700 metri di altezza nella Valle dell’Agno (Vi) ai piedi delle piccole Dolomiti. Vinificazione separata, in febbraio assemblate per svolgere la fermentazione malolattica, oltre alla sosta sulle fecce fini di oltre 10 mesi per aumentarne la longevità. Una nota affumicata e sulfurea lo caratterizza.

Limine 2017 – Az. Terre di Ger. I primi in Friuli ad utilizzare i nuovi vitigni di Rauscedo. Mix di Soreli (90%) e Sauvignon Kretos (10%) che fermenta e affina in barrique. Il Soreli non è altro che un nipote del Tocai Friulano, che fa dell’intensità e della potenza le sue armi migliori.

Il Vin De La Neu 2016 è lo Jannitter in purezza di Nicola Biasi, giovane enologo molto quotato tra gli addetti ai lavori, che negli ultimi anni si sta dedicando ai vitigni resistenti. Così che nella sua Val di Non a 1.000 metri di altezza ha chiesto in affitto al padre un piccolissimo fazzoletto di terra (dove vi era un meleto) di soli 1000 mq per produrre quello che ritengo essere tra i migliori vini da PIWI e non solo prodotti in Italia. Il nome a causa della famosa nevicata del’11 ottobre del 2013, il giorno dopo Nicola vendemmiò sotto la neve quello che sarebbe diventato un’emozionante vino di montagna, che fermenta e affina un anno  in barrique di rovere francese, oltre a ulteriori 12 mesi di affinamento in bottiglia prima della messa in commercio. Solo 440 bottiglie e 30 magnum la produzione totale. Fresco, sapido, morbido, gran corpo ed eleganza sopraffina.

Rukh 2017, l’orange wine di Cantina Nove Lune ha spiazzato tutti i presenti, e forse farà cambiare idea su questo tipo di vinificazione. Il lavoro fatto in vigna e in cantina da Alessandro Sala, proprietario/enologo di Nove Lune, nonché presidente della neonata Piwi Lombardia, è notevole. Bronner e Johanniter, in parti uguali, fermentano sulle bucce in anfore di terracotta (raffreddate con delle serpentine) e ivi rimangono fino all’imbottigliamento (circa un anno). Un orange wine molto pulito sia al naso che al palato, non è per nulla invadente, è molto piacevole ed elegante, e la sua freschezza agrumata rende la beva molto scorrevole e invitante.

El Masut 2017 è l’anteprima (sul mercato il prossimo dicembre) da Merlot Khantus e Merlot Khorus che affina 18 mesi in barrique di Terre di Ger. A causa della sua giovinezza la nota di legno non è ancora molto integrata, mentre il tannino per nulla aggressivo è di notevole fattura.

Ed ecco l’intruso della serata, il Raboso dell’Arnasa 2015 di Castello di Roncade. Presente in questa degustazione poiché anche se è un vitigno autoctono è anch’esso abbastanza resistente ad alcune malattie. Una scelta forse un po’ provocatoria ma, come giustamente sottolineato da Umberto Trombelli, “Il Raboso, come tanti altri vitigni autoctoni, potrebbe essere la base di partenza per un Piwi italiano”.

Chiusura in dolcezza grazie allo Sweet Claire 2017di Lieselehof, il Bronner passito che guarda il lago di Caldaro. Un vero è proprio nettare diVino!

Nella seconda giornata protagonisti della Masterclass “I grandi vini d’Italia”, i vini bianchi, rosati e rossi, selezionati durante la Vinoway Wine Selection 2019, in cui degli oltre 2800 vini degustati solo 325 sono stati meritevoli di premiazione.

Dieci vini, (più una sorpresa arrivata direttamente dal Salento, che hanno raggiunto una valutazione superiore ai 90/100, sono stati raccontati, oltre che da Davide Gangi, dai degustatori di AIS Belluno e dal trevigiano Cristian Maitan, Miglior Sommelier del Veneto 2018.

Cantine Marisa Cuomo – Fiorduva Costa d’Amalfi DOC Furore Bianco 2017 (94 ORO). Da una terra di confine tra cielo e mare, su un fiordo della Costiera Amalfitana, dove solo un “non enologo”, come Andrea Ferraioli, agli inizi degli anni ’80 poteva pensare di fare un vino lì, recuperando vitigni autoctoni come Ginestra, Fenile e Ripoli. Tre tenori che insieme alle ceneri vulcaniche del Vesuvio, donano quel salmastro, quello iodio, quella spiccata mineralità e sapidità che rendono unico questo vino.

Cantina Kaltern – Quintessenz Südtirol Altoadige DOC Sauvignon 2017 (93 ORO). Quintessenz è linea che vuol rappresentare la storia (cantina nata nel 1900), l’eccellenza, l’identità, il cuore o meglio la quinta essenza di Caldaro. Questo Sauvignon cattura subito per la sua lucentezza, per quell’idea di unire l’aromaticità del frutto della Nuova Zelanda con la salinità e freschezza di Sancerre. Gioca sì su note vegetali, ma non invadenti e molto equilibrate. Un sorso che riempie la bocca, bellissima la struttura, una ricchezza alcolica che non stona, oltre ad una vivida eleganza e avvolgente mineralità.

Tiefenbrunner – Rachtl Sauvignon Blanc Alto Adige DOC Riserva 2015 (94 ORO). Meno di mezzo ettaro sull’altopiano dello Sciliar (oltre i 600 metri s.l.m.), all’ingresso della Valle Isarco. 1.500 le bottiglie prodotte di questo “Gran Cru” dotato di una notevole acidità naturale, macera sulle bucce per circa 12 ore, fermenta e matura per circa un anno in tonneau e botte grande. Uno dei Sauvignon meno tipici dell’Alto Adige, pietra focaia, tanto tanto sale e fresca brezza di montagna!

Tenuta Scuotto – Oi Nì Campano Fiano IGP 2015 (94 ORO). Pochi anni son bastati per diventare un riferimento per il Fiano in purezza, seppur volutamente non classico. Vendemmia ai primi di novembre, lunga fermentazione (mai meno di 10 mesi) con lieviti indigeni in botti ovali di 25 hl di rovere alsaziana, un anno in bottiglia e nessuna filtrazione. Il nome del vino è l’espressione dialettale derivante dallo spagnolo che ogni papà usa per chiamare amorevolmente il proprio figlio. Utilizzata proprio per indicare quanto questo vino è stato voluto, cercato, atteso, e curato amorevolmente nella sua crescita. Un vino slow che ha bisogno di tempo per svelarsi, con quella sua nota affumicata che pian piano lascia intravedere i primi sentori di idrocarburo. Il sorso è esplosivo, armonico. L’eleganza di un cavallo di razza.

Azienda Vitivinicola Marulli – Tenuta Paraida Copertino DOP Rosato 2018 (90 ARGENTO). Dalla regione di riferimento per i vini rosa, una piccolissima denominazione vocata al Nogroamaro già dai tempi del medioevo. Da alberelli pugliesi di oltre 30 anni, il vino di una notte macera circa 6/7 ore, accudito da Vito Marulli per controllarne che raggiunga il colore voluto. Al naso è intrigante con quei sentori di riber e rosa selvatica. Sorso dinamico, fresco, piacevole.

Cantina Produttori Bolzano – Altoadige DOC Lagrein Riserva Grieser 2016 (93 ORO). Considerato il Re dell’Alto Adige, il Lagrein, si è preservato durante il medioevo grazie ai monaci benedettini di Gries. In particolare, le uve selezionate per questa riserva, sono coltivate soprattutto nei vigneti che circondano Bolzano, fermentano in botti di legno e affinano per circa un anno in barrique francesi e botti grandi. Al naso si evince una nota di rosa rossa, oltre ad una nuance speziata. L’assaggio è fresco, persistente, il sorso è agile. Da sottolineare il sapiente uso del legno molto rispettoso del frutto.

Cantine due Palme – 1943 del Presidente Salento IGP 2015 (92 ORO). Dalla riserva personale di Angelo Maci, presidente di una delle cantine che ha fatto parlare di Puglia in Italia e nel mondo, con i suoi 1.000 soci e 2.500 ettari. Ottenuto da un vigneto ad alberelli di Aglianico e Primitivo messo a dimora nel 1968 e curato personalmente dallo stesso Angelo. Vendemmia tardiva manuale, parte delle uve subisce un processo di appassimento, maturazione di 9 mesi in barrique. Un vino molto accattivamene, una scia balsamica che sorregge il sorso. I colori, i profumi, il gusto e il calore della Puglia.

Oreste Tombolini – Il Primitivo IGP Puglia 2013 (91 ORO). Il vino dell’Ammiraglio, del vigneron d’altri tempi, di chi non è prestato alla terra ma è nato nella terra. Diventato vitivinicoltore per vocazione e retaggio culturale, dopo essere andato in pensione si è dedicato attivamente al suo primitivo. Un vino vero, puro, integro. Un naturalista che non forza la mano, quello che raccoglie lo si ritrova nel vino, così come è!

Batasiolo – Barolo DOCG Cerequio 2008 (93 ORO). Come bere un’eccellente Barolo alla portata di tutti. Il Cru Cerequio è tra tutte le 93 MGA della denominazione che ha dato il la alla crescita del valore economico dei vigneti di barolo. All’assaggio è elegantissimo, pulito, potente. Da bere così, anche senza abbinamento, per gustare al meglio il carattere di questo vino.

Nino Negri – Sfursat 5 Stelle Sforzato di Valtellina DOCG 2015 (96 ORO). Prodotto da una selezione delle migliori uve Nebbiolo (Chiavennasca) in purezza e solo nelle migliori annate, allevate a girapoggio sui ripidi pendii della Valtellina, esposte sopra la linea del sole per fruirne al meglio. Dopo l’appassimento naturale di 3 mesi in fruttaio , le uve fermentano per circa 3 settimane per poi maturare in barrique nuove di rovere francese per  20 mesi, oltre a 6 mesi di riposo in bottiglia. Il risultato è un calice di grande concentrazione, un vino stratificato che mano a mano elargisce prima sensazioni fruttate in confettura e sotto spirito, poi è la volta delle spezie eleganti, e in chiusura delle note tostate. Tannini potenti e importanti ma che non disturbano affatto la beve. Un vino dalla lunga vita, trent’anni e più.

Anche qui chiusura in dolcezza, affidata ad uno dei fiori all’occhiello della Puglia migliore, ad un vitigno che sta scomparendo, e che solo 5 aziende continuano a vinificare. È il Moscatello Selvtico Passito Bianco 2017 di Castello Monaci (90 ARGENTO). Poco più di 1.000 le bottiglie prodotte. Un vino molto coinvolgente che già dal suo color oro intenso, vivace e luminoso, fa subito intuire quanto sia prezioso. Un vino che non stanca, non stucca e non stufa.

 


[Photo Credit: Acinus]
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