Un Lago di Caldaro tutto da scoprire

Articolo pubblicato a settembre 2015 su LorenzoVinci.ilgiornale.it (https://bit.ly/2BNTnd9)

La trentesima edizione di Kalterer Weintage, le Giornate Caldaresi del Vino, tenutasi lo scorso giovedì 3 e venerdì 4 settembre a Caldaro, borgo vitivinicolo sudtirolese, è stata l’occasione per approfondire la conoscenza di questa fantastica terra, una delle aree vitivinicole più importanti del Südtirol.

Un’occasione ma anche un vero onore degustare il suo “pregiato” vino Kalterersee, con il suo vitigno principe, la Schiava (o Vernatsch), che meglio rappresenta la gente che vive intorno al Lago di Caldaro, un vino schietto, sincero e beverino, un vino che danza tra tradizioni molto radicate e innovazione degli ultimi anni, un po’ cruccio e un po’ salvezza dei viticultori della zona.

Come in molte zone dell’Alto Adige , anche questo “piccolo” territorio riesce a produrre grandi vini grazie ad una cultura enoica che arriva da molto lontano, con testimonianze dai tempi di Plinio. I suoi 750 ettari di superficie vitata, quasi totalmente soggetti al disciplinare DOC, e un terreno molto parcellizzato (in media un ettaro a viticultore) delineano la forza di questa terra, legata principalmente ai vini rossi, un po’ in controtendenza rispetto alle altre area vitivinicole altoatesine.

Anche questa’anno questi “pochi ettari” han permesso di ottenere un bel numero di riconoscimenti dalle principali guide nazionali (e non), come ad esempio i Tre Bicchieri Vini d’Italia assegnati dal Gambero Rosso al Gewürztraminer Auratus Crescendo 2014 della Tenuta Ritterhof, al Kalterersee Classico Superiore Leuchtenburg 2014 di Erste+Neue , il Moscato Giallo Passito Serenade 2012 di Kellerei Kaltern e il Sauvignon Tannenberg 2013 di Manincor.

La grande scoperta dell’evento è la meravigliosa molteplicità vitivinicola di questa terra, quindi non solo Schiava, ma anche altri grandi vini, tra rossi, bianchi, spumanti e dolci. Un terroir molto variegato, una terra che beneficia di circa 2000 ore di sole l’anno, un clima molto temperato, grazie proprio alla presenza del Lago di Caldaro, ma soprattutto una  pluralità di “produttori” che, anche grazie a Wein.Kaltern, il consorzio istituito nel 1999 per promuovere la viticoltura e la cultura enologica a Caldaro, fanno gruppo, sinergie per essere più compatti sul mercato e portare avanti il “Sistema Lago Di Caldaro” per permettere ai piccoli villaggi vitivinicoli di farsi conoscere ed eccellere nel mondo del vino.

Non potevano mancare all’appello le “Kellereigenossenschaften” (“Cantine sociali” ndr), la forma di associazionismo tra vignaioli, che proprio in Alto Adige si contraddistingue per l’eccellente livello di qualità, smentendo il pregiudizio che spesso accompagna le cantine sociali. Un’unione della molteplicità di caratteri e stili dei suoi vignaioli ed agricoltori che ne fa la forza, una forza che dura da più di un secolo, da quando, sotto l’Impero austroungarico prima e nell’Italia dopo la Grande Guerra, per far fronte a crisi del mercato, malattie, alluvioni, dazi doganali ridotti, concorrenza dei rossi italiani, la cooperazione e la collaborazione furono le più naturali e vincenti soluzioni.

Oggi due su tutte si contraddistinguono, la prima è la cantina dei produttori di Caldaro, Kellerei Kaltern, dalla storia lunga più di un secolo, nata tra il 1906 e il 1908, anno di fondazione delle due cantine storiche della zona, la Bauernkellerei (Cantina dei contadini) e la Jubiläumskellerei (Cantina del Giubileo) che si sono fuse nel 1992.

Sono circa 400 i soci conferitori per un totale di circa 300 ettari vitati. L’innovazione quest’anno è la bottiglia, creata ad hoc, con impresso in rilievo il logo aziendale che, abbinato al formato magnum e alla nuova grafica della linea Cru Pharoff, fanno del PFARRHOF Lago di Caldaro Classico Superiore 2014, una delle mie “Schiave” preferite.

Altra novità è il bell’inserimento, iniziato l’anno scorso, di Andrea Moser, giovane “Chef de cave” reduce da un ottimo risultato con la sua prima vendemmia 2014.

Interessantissimo anche il Lagrein Riserva Carano 2011 di Baron di Pauli, le cui due Tenute, Arzenhof e Höfl unterm Stein, dal 1999 sono gestite in toto sempre dalla cooperativa vinicola di Caldaro.

L’altra grande cantina sociale della zona è Erste+Neue, nata nel 1986 dalla fusione dalle due omonime cantine. Infatti era il 1900 quando nacque la prima cantina sociale di Caldaro, appunto la Erste Kellereigenossenschaft Kaltern, 70 viticultori uniti da un unico obiettivo, occuparsi direttamente della vinificazione della proprie uve e della commercializzazione dei loro vini. Poi nel 1925 nacque una nuova cantina sociale, ed il nome più appropriato fu proprio Neue Kellereigenossenschaft.

Ad oggi gli ettari vitati sono circa 260 e fanno parte della cooperativa ben 430 soci. Ogni anno qualche suo vino è premiato, indipendentemente dalla guida che lo assegni, anche se questa cantina è molto conosciuta per il suo Kalterersee Leuchtenburg e per il Cabernet Sauvignon Riserva Puntay, linea che rappresenta dal nome stesso i vini di punta dell’azienda, e almeno per il mio palato, Il Pinot Nero Mezzan.

Tra la molteplicità di produttori altoatesini qui a Caldaro, il Conte Michael Goëss-Enzenberg ha una storia molto particolare. Nel 1991 subentrò allo zio nella conduzione di Manincor, che a quell’epoca conferiva le uva alla cantina sociale, per creare dei vini tutti suoi. Molto legato alle tradizioni ma non vincolato ad esse ha sviluppato intorno alla storica dimora del 1600, appartenuta proprio ai Manincor, una cantina in grado di integrarsi con il territorio circostante, interrandola quasi completamente, tutto a caduta verticale, con le proprie produzioni cerca di essere il più ecosostenibile possibile. Addirittura dal suo bosco, che confina con i filari, preleva il legno per farsi costruire da un mastro bottaio della zona le barrique che poi a fine vita riutilizza per creare sedie, tavoli ed altro.

Grande fautore del biologico e biodinamico, fin dall’inizio ha sempre voluto produrre finezza, eleganza, equilibrio, perché quando si maneggia un frutto così delicato, bisogna lavorare al massimo in tutte le fasi proprio per non perdere quelle qualità che madre natura ci ha regalato, ma sempre producendo un vino “pulito”, non torbido, senza difetti o altro.

Tutte caratteristiche che si ritrovano nei suoi vini, come il Lieben Aich 2013, un Sauvignon Blanc intenso dal frutto molto maturo, l’eleganza de La Rose de Manincor 2014, un rosé da salasso di quasi tutti i vitigni a bacca rossa della tenuta (ad eccezione della Schiava), principalmente Merlot, Lagrein e Cabernet Sauvignon, e piccole quantità di Tempranillo, Pinot Nero e Petit Verdot. Il meglio del meglio del Pinot Nero è rappresentato dal Mason di Mason 2013, mentre la dolcezza de Le Petit 2013, un Petit Manseng da vendemmia tardiva, piccola presenza di muffa nobile, è molto ben bilanciata dalla sua freschezza.

Il suo sogno? Essere autonomo anche da un punto di vista energetico ma sempre nel rispetto di chi lavora con lui la sua terra. Manincor, “Una corona con la mano sul cuore!”.

Terra variegata ma anche piena di “contraddizioni” quella del Lago di Caldaro, da una parte i nobili con le loro nuove cantine da archistar, dall’altra giovani ragazzi come Georg Morandel di Weingut Dominikus, la cui cantina dovrebbe diventare patrimonio mondiale dell’Umanità, per la particolarità e il lavoro svolto dal padre di Georg, Dominikus, che l’ha costruita nella roccia scavandola a mano da solo, pietra su pietra come si faceva un tempo con i Trulli pugliesi. Il risultato di venti anni di duro lavoro è qualcosa che non si può descrivere, ma solo ammirare e visitare!

Oppure giovani che credono nel biodinamico come Michael Sinn di St. Quirinus che ha iniziato ad imbottigliare, solo nel 2013, le uve del suo ettaro di vigna, nel quale convivono 10 vitigni tra i quali ben sei nuove varietà ibride, resistenti alle crittogame (Piwi) eliminando così erbicidi e pesticidi, dai nomi un po’ particolari, come Bronner o Aromera, producendo così vini che rispettano in pieno il territorio (e i suoi familiari che vivono proprio in mezzo alla vigna!).

Affascinanti sono risultati proprio il Mitterberg Planties Weiss e il Mitterberg Planties Rosé. Entrambi fermentano in acciaio, lieviti biologici selezionati, anche se nel frattempo Michael sta sperimentando alcune fermentazioni spontanee e utilizzo di anfore. St. Quirinus era il protettore delle zone intorno al Convento sulle cui terre poi è nato il maso.

Il Planties weiss è 60% Aromera, 20% Johanniter e 20% Bronner, grande larghezza aromatica, sembra di sentire alcune volte un Sauvignon, altre un Traminer ed in altri casi un Moscato giallo, dal retrogusto leggermente dolciastro, ma Micheal ci ha assicurato che il vino è completamente secco. Il Planties Rosé un uvaggio di Prior in larga parte e Chambourcin e Baron. Pressato e fermentato senza buccia, la prima spremitura ha il colore rosso come se fosse una Schiava ma poi pian piano si chiarifica.

Il Lago di Caldaro è anche terra di grande ospitalità, come quella che caratterizza la tenuta Klosterhof di Oskar Andergassen, dove il padrone di casa produce i vini solo con uve di sua proprietà, una piccola produzione di 30 mila bottiglie l’anno, tutti i suoi vini sono in purezza ed un uso molto accorto del legno. Anche Oskar utilizza il suo legno di acacia per creare delle barrique, dai tipici profumi di fioritura e di miele, molto più delicato rispetto alla rovere, da utilizzare proprio per il suo Pinot Bianco Trifall, preservandone quindi alcune sue caratteristiche. Prossimamente ha in programma una riserva che prevederà probabilmente una vendemmia un po’ più tardiva, per dare quel tocco di novità, poiché ci ha dichiarato, che i piccoli produttori devono fare cose diverse dagli altri per mettersi in luce, e per fortuna con lui in cantina lavora suo figlio, Hannes, che ha la piena fiducia del padre, perché i giovani han quel coraggio di rischiare.

Con lo stesso legno proprio quest’anno ha costruito una sala degustazione e una stube molto caratteristiche.

Per quanto riguarda i suoi vini, il Pinot Nero è notevole, sia in una insolita versione rosé chiamata Summer (estate nel dialetto locale) dove si utilizzano le piante più giovani, sia nella versione vinificata in rosso Panigl 2013 (in uscita a novembre), dove utilizza dei cloni francesi, fermentazioni spontanee, selezione manuale di due o tre vendemmie, massimo 1kg per pianta, e malolattica e affinamento in botti di rovere francese.

Negli ultimi anni suo figlio Hannes ha iniziato una nuova attività, partendo dalla loro frutta, sana e raccolta a mano, ha iniziato a produrre dei pregiati distillati grazie anche ad avanzate tecniche di lavorazione e all’utilizzo di acqua di sorgente, che da queste parti non manca.

Altro giro altra corsa, quindi visita a Kettmeir, anche qui storia quasi centenaria, ma ciò che mi dà più piacere è sottolineare come negli anni 60 quest’azienda iniziò di nuovo a produrre spumanti in questa zona, un prodotto che ancora oggi commercializzano, un metodo charmat lungo, 9 mesi. Dal 1986 l’azienda fa parte del Gruppo Vinicolo Santa Margherita, ma l’azienda anche grazie a Josef Romen, responsabile ed enologo della cantina, ha conservato una propria autonomia, e questo si capisce anche dalle sue parole a proposito dei vini altoatesini, dove profumi, freschezza e eleganza sono i tre fattori che non dovrebbero mai mancare in un vino dell’Alto Adige, e lui fa di tutto per raggiungere questo obiettivo.

Obiettivo centrato soprattutto, a mio parere, con il “suo” metodo classico Brut Athesis (2012 l’annata degustata). Suo perché fu proprio lui nel 1992 l’artefice del primo spumante prodotto con questo metodo da Kettmeir. Uvaggio utilizzato per differenziarsi dagli altri, 50% Pinot Bianco, 40% Chardonnay ed il restante Pinot Nero. Uno spumante che vuole essere ricordato per la freschezza e gli aromi primari dell’uva e non per il sentore dei suoi lieviti, seppur sosta in bottiglia sugli stessi almeno per 24 mesi. Sono in corso degli esperimenti che porteranno a 32 mesi la permanenza sui lieviti, ma soprattutto la vendemmia 2011 sarà probabilmente la base della loro prima riserva, in uscita nel 2016 se e solo se, a detta di Josef, risulterà una riserva strepitosa!

Dal 2000 Kettmeir produce anche un Brut Rosé, 100% Pinot Nero, per scelta non millesimato ufficialmente, anche se il vino base proviene da un’unica annata, uno spumante da aperitivo, ma soprattutto da bere senza tanti giri di parole.

In cantina non si crea niente, ma si può perdere qualcosa, quindi è importante accompagnare la trasformazione dell’uva in vino mettendoci la massima attenzione e limitando i danni, perché quello che si perde non si recupererà mai e si dovranno aspettare altri 365 per avere un’altra chance.

La storia del maso del Cavaliere, “Ritterhof”, cambiò nel 1999, quando fu acquisita dalla Famiglia Roner, famosa per le sue distillerie. In quindici anni si è passati da una produzione “ad uso personale” di circa 8 mila bottiglie, alle 300 mila di quest’anno grazie alla sapiente guida di Ludwig Kaneppele, ai suoi collaboratori, ma soprattutto al credere su tre pilastri fondamentali. Nuovi investimenti direttamente in campagna, supportando in alcuni momenti, anche da un punto di vista finanziario, i loro conferitori; lavorazione in cantina di qualità tramite nuovi sistemi di vinificazione; tanta comunicazione e marketing per vendere al meglio l’eccellente prodotto.

Una comunicazione a 360 gradi che si basa su tre colori per tre linee. Il marrone, a rappresentare la “Terra” e i suoi vini tradizionali, il verde delle migliori colline, da cui provengono i vini selezione “Collis” e il blu come i tesori di Rittherof che solo nelle migliori annate vengono prodotti (“Rarus”)

Tra i bianchi il Pinot Grigio Riserva Opes 2012, un vino di grande “sostanza”, complesso, morbido e rotondo, affinato in barrique e il già citato Gewürztraminer Auratus Crescendo 2014, 9 gr/l di zucchero residuo che gli dona un’eleganza molto peculiare. Tra i rossi mi ha incuriosito il Perlhofer Crescendus 2013, cuvée di tre vitigni selezionati, Schiava, Lagrein e Merlot. Il più venduto dei lori vini rossi, forse perché non è né troppo leggero, né troppo carico, una giusta via di mezzo ma con una sua struttura ben definita. Degustando è percepibile la “mora” del merlot, il “cioccolato” del lagrein e la “frugalità” della schiava! A finire il pregiato Dignus 2011, il Pinot Nero che Ludwig consiglia per i momenti speciali.

Una nota la dedico al banchetto di Thomas Pichler, vignaiolo dal 2003, e il suo Chardonnay “Untermazzon” 2013 e Lagrein Riserva “Sond” 2013, e Andi Sölva, con il suo KaltererSee 2013 da vigne quasi centenarie e lunghe maturazioni con appassimento in vigna, fermentazione in botte grande e affinamento in legno, un “Lago di Caldaro” molto diverso dal solito.

Mentre una sorprendente mediterraneità è quella di Sthepan Sölva, di Weingut Peter Sölva, i cui avi spagnoli, i De Silva, si trasferirono in Südtirol centinaia di anni fa e delle sue due cuvée Amistar (in onore della loro antenata Susanna Amistar), il Bianco 2013, 30% Pinot grigio, 30% Sauvignon bianco, 40% Chardonnay, un 5% di uve appassite in vigna, fermentazione e affinamento “sur lie” in botti di rovere, mentre la Cuvée Rossa Edizione Limitata 2012, è una selezione di Cabernet Sauvignon, Lagrein, Merlot, con un 5% di Cabernet Franc e 5% Petit Verdot. In questo caso circa il 10% dell’uva è appassita in vigna sulla pianta!

Seeperle, è curioso per le etichette e i nomi particolari che dà ai suoi vini ma soprattutto per uno tra i migliori “Weißburgunder” provati negli ultimi anni, il Pinot Bianco Riserva “Seitensprug”

Interessante il Cabernet Sauvignon Riserva 2013 di Weingut Prälatenhof, il Kerner 2012 di Weingut Unterhofer, dove Thomas Unterhofer sceglie personalmente i cloni da utilizzare insieme ad un vivaista della zona, è forse per questa sua personalissima scelta che questo Kerner sembra quasi un Riesling, mentre di Weingut Steflhof vi consiglio il Gewürztraminer barricato.

Di Josef Sölva e della sua Weingut Niklas si è scritto molto in tutti questi anni, cosa posso aggiungere? Beh il miglior Sauvignon Blanc della zona!

 “Dolci ricordi” grazie al Goldmuskateller di Weingut Oberpreyhof, al Rosenmuskateller “Rielerhof” 2013 di Josef Brigl ma soprattutto per merito della Bioweingut Lieselehof e al suo passito da bronner e johanniter, lo Sweet Clair, probabilmente poiché avevo degustato questo passito anni fa ed era ancora vivo in me il ricordo di questo nettare diVino! Della stessa azienda da segnalare anche il Felderr Maximilian, Cabernet Franc, Cabernet Sauvignon e Carmènere affinato 24 mesi in legno

Una grande terra, grandi vini e altrettanto grande gente, dalla mente “mitteleuropea” ma dal cuore “mediterraneo”!!!

[Photo Credit: Antonio Cimmino]

 

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