Cosa resterà del Vinitaly 2015?
Articolo pubblicato a aprile 2015 su ilgiornale.it sezione cucina (http://goo.gl/1Q55JM)
Territori, gente, storie e naturalmente il vino i protagonisti dell’evento più atteso del mondo enologico!
A quasi due settimane dalla conclusione della 49 esima edizione del Salone Internazionale del vino e dei Distillati ci chiediamo cosa resterà di questo Vinitaly 2015, a parte i numeri: circa 600.00 bottiglie stappate, 28 quintali di tappi di sughero, 130 mila bicchieri utilizzati, 150mila visitatori con oltre 2600 giornalisti provenienti da 46 paesi.
Credo che il 2014 sia stata un’annata salvata in extremis, piccoli e grandi produttori a dispetto delle previsioni ci hanno regalato buoni vini ed, in alcuni casi, anche al di sopra delle aspettative. Alcuni piccoli produttori han perso ben oltre il 30% delle loro rese a vantaggio, mi viene da dire, di un’ottima qualità. Nessuna lamentala è concessa ai consumatori chiamati prima di tutto a fare rete e valorizzare questo primato italiano, che ha un prezzo alquanto accessibile se non basso specie se comparato con paesi esteri come Francia e USA.
Nello scegliere un percorso tra i vari offerti in questa grande manifestazione, la mia attenzione è andata verso il Südtirol, per la caratteristica propria dell’Alto Adige di promuovere l’associazionismo tra vignaioli, le famose “Kellereigenossenschaften”, ovvero “Cantine sociali”, che smentiscono la vecchia e storica equazione “cantina sociale = qualità bassa”.
Ed è proprio da una di queste cantine che ho iniziato, da Kellerei Terlan, la cooperativa di produttori di Terlano con oltre 130 vendemmie alle spalle, circa 140 soci per 165 ettari vitati. Quest’anno ha festeggiato uno dei migliori anni della sua storia con un gran numero di riconoscimenti nazionali e internazionali.
I vini della linea classica, il Terlaner 2014, 60% Pinot Bianco, 30% Chardonnay e 10% Sauvignon Blanc, hanno una vinificazione sempre uguale dal 1893, in acciaio. A Natale si filtra, per restare circa 3 mesi sulle proprie fecce fini per dare struttura e complessità. Il Pinot Bianco 2014, uno dei vitigni più importanti per la cantina, è vinificato in purezza per preservare la sua naturale eleganza e mineralità.
La linea Vigneti, invece presenta vini di carattere e particolarmente longevi, come il Winkl 2014, un cru di un Sauvignon Blanc intenso e fruttato, minerale, molto sapido ed elegante coltivato nel centro del paese di Terlano. O il Kreuth 2013, cru di Chardonnay, elegante e complesso allo stesso tempo, una freschezza molto delicata, ma sorretto da una buona struttura che fa intuire buoni dote di invecchiamento. E ancora il Vorberg Riserva 2012, tra i migliori Pinot Bianco in circolazione, proviene dai migliori vigneti di produzione posti tra i 600 e i 900 metri s.l.m., basse rese, ed un’esposizione da vini del sud che dona a questo Pinot Bianco, complessità, acidità, mineralità ed una persistenza fuori dal comune.
Pronto per il meglio che Terlano potesse offrirmi, son passato alla linea selezione, la qualità di punta della cantina, che prova ad esprimere la perfezione per ogni varietà. La vinificazione avviene in barriques e/o botti grandi per ottenere vini ricchi e fruttati ma allo stesso modo complessi e molto longevi. Il Quarz 2013 è un Sauvignon Blanc, dal nome si intuisce che il terreno sul quale cresce è di origine vulcanica, quindi la sua principale caratteristica è l’estrema mineralità e persistenza. Il Nova Domus Riserva 2012, cuvée da uve Pinot Bianco, Chardonnay e Sauvignon Blanc, la cui età varia dai 20 ai 60 anni, solo 1kg di uva per pianta, frutta matura, erbe e spezie, al palato molto complesso, quasi cremoso. Le vecchie annate, come quella del 2008, affina solo in Magnum, poiché a Terlano credono che sia questo il modo migliore, creando quindi una sorte di collezione per l’alta ed esigente ristorazione.
I vini di Terlano, come detto, sono famosi per la loro longevità. Gli ultimi presentati maturano per circa 10 anni sulle fecce fini in serbatoi d’acciaio a pressione senza alcuna filtrazione, né batonnage, dopo una lunga fermentazione e successiva maturazione, sempre di un anno, “sur lie” in tonneaux. Quest’anno la scelta è caduta sullo Chardonnay 2003, un ampio ventaglio olfattivo, vista la complessità di questo vino, forse si fa prima a dire cosa non si sente, l’entrata in bocca è ancora da giovane virgulto, molto fresco ma al tempo stesso morbido ed elegante.
La degustazione si chiude con quel che si può definire “L’essenza di Terlano”, il Terlaner I Gran Cuvée 2012, un mix dei loro tre vitigni più caratteristici (90% Pinot Bianco, 7% Chardonnay, 3% Sauvignon Blanc) e dei loro tre migliori cru (Vorberg, Kreuth e Winkl), affinato un anno in botte grande e un altro anno in bottiglia. No comment!!!!
Pochi i chilometri che separano Terlano da Appiano sulla Strada del Vino, probabilmente il più importante comune vitivinicolo del Südtirol, sede della cantina St. Micheal-Eppan, fondata anch’essa più di un secolo fa e dal 1977 guidata dal winemaker Hans Terzer, presidente dei “Kellermeister dell’alto Adige-Südtirol”, considerato tra i più rinomati esperti di vini bianchi d’Italia.
S’inizia col Pinot Bianco, il Schulthauser 2014, fruttato, fresco, al palato molto morbido e cremoso, seppur la sua spalla acida è sempre in evidenza. Perché proprio dal pinot?La spiegazione è nella differenza tra un “italiano” e un “südtirolese”, il primo alle 11 del mattino beve caffè, l’altro Pinot Bianco!
La mia preferenza per le nuove annate è stata dettata dalla curiosità di capire come fossero andate visto lo sfavore che ci aleggiava intorno. Hans in persona me l’ha soddisfatta, dichiarando che grazie ad un gran lavoro di squadra si è potuta salvare un’annata che altri avrebbero considerato nefasta. 360 soci, circa 1200 persone chiamate a raccolta, spiegato loro come selezionare in vigna, hanno fatto un lavoro straordinario. La media delle ore di lavoro per ettaro in vigna sono 700, nell’annata 2014 sono state circa 1000!
Secondo Hans: “non sarà un’annata stragrande ma escono dei grandi vini”. Ormai ha alle spalle 40 vendemmie ma può tranquillamente affermare che da questa ha imparato qualcosa.
Grande rivalsa con il Riesling Montiggl 2014 con cui ha provato a sfidare i maestri tedeschi e austriaci in diversi contest, classificandosi tra i primi 50.
Per comprendere appieno le potenzialità dell’annata 2014 abbiamo degustato il Sauvignon Sanct Valentin, il bianco più famoso della cantina, ed anche tra i più premiati d’Italia, una piccolissima parte, circa il 10% affina in legno.
Concludo i bianchi con il vino che Hans sognava da tanti anni, prodotto solo con uve di eccellente qualità provenienti da vecchi vigneti. Il 2010 è stato l’anno giusto, ottime condizioni climatiche, vecchie viti che han prodotto pochi grappoli, uve completamente mature e lavoro certosino in vigna e in cantina. Dopo 4 anni di maturazione in cantina ecco l’Appius 2010, il cui nome deriva proprio dalla denominazione di Appiano ai tempi dell’antica Roma. Prima cuvée prodotta nella cantina di San Michele Appiano, non è noto saperne la composizione poiché ogni anno rappresenta una sorpresa.
In vista della 14ma Edizione del Concorso Nazionale Pinot Nero 2015, ho assaggiato il Pinot Nero Sanct Valentin 2011 e Pinot Nero Riserva 2012, e posso affermare che anche a questo giro ci sono ottime possibilità di piazzarsi sul podio.
Si lascia la cantina in dolcezza, con il Passito Comtess Sanct Valentin 2011 e il Stockhammer Moscato Rosa 2011. Il primo, ovviamente, un “icewine” che solo per una precisa scelta di marketing è stato chiamato passito.
San Michele è stata la prima cantina altoatesina a proporre un vino del genere, le uve (90% Gewürztraminer, 5% Riesling, 5% Sauvignon) vengono raccolte nei giorni antecedenti il Natale, risulta dolce ma con un pizzico di freschezza, donata appunto dal Sauvignon, che lo rende molto morbido e soprattutto non stucchevole. Il secondo è un classico sudtirolese per deliziare i cosiddetti “ospiti non annunciati”, basta avere in casa un po’ di cioccolato e questo moscato rosa e sarete considerati degli ottimi padroni di casa!
Riprendo il viaggio in direzione sud per fermarmi a Salorno, ultimo comune bolzanino prima di entrare in provincia di Trento, ad Haderburg, la rocca da cui prende il nome la prima azienda sudtirolese che ha creduto nella spumantizzazione metodo classico delle proprie uve quasi 40 anni fa. I risultati ottenuti sono eccellenti e ad oggi in commercio ci sono 4 etichette: un Brut senza annata, 85 % Chardonnay, 15 % Pinot nero, almeno 24 mesi sui lieviti;
un Brut Rosé, s.a., 60 % Pinot nero, 40 % Chardonnay, una parte delle uve affina in barrique, quello degustato in ogni caso era 2011, fermo sui lieviti per circa 40 mesi; il Pas Dosé 2010, 85 % Chardonnay, 15 % Pinot nero, uve selezionate, fermentate ed affinate in botti d’acciaio per il 70%, e per il restante 30% in botti di rovere. In questa versione oltre 50 mesi sui lieviti.
Infine un vino che emoziona sempre e comunque, Alto Adige Riserva Hausmannhof Brut 2005, uno spumante biodinamico, che vuole trasmettere uno stile di vita consapevole e passionale, senza riserve.
Chardonnay in purezza, che affina circa un anno in piccole botti di rovere prima di trascorrere minimo 8 anni sui lieviti. Un Brut molto intenso, sontuoso nei profumi, di pregevole eleganza, di ottima struttura e che dà una sensazione di pienezza, una spalla acida che dopo quasi 10 anni dalla vendemmia lo sorregge ancora bene e gli dà quel tocco di vivacità. Sorprendente come un viaggio sensoriale verso una meta unica, quella de “la Champagne” di Le Mesnil-sur-Oger cuore della Côte des Blancs ma in terra Tirolese
Questo Vinitaly è anche il testimone di “un sogno basato sull’amicizia”, dal claim creato da quattro inseparabili compagni di banco della scuola enologica di Alba che, per non perdersi di vista, ben 15 anni fa, decisero di creare ERPACRIFE (dalle prime sillabe dei nomi di battesimo: Erick Dogliotti, Paolo Stella, Cristian Calatroni e Federico Scarzello) un’azienda che ha puntato (per prima!) sulla produzione di metodo classico da nebbiolo in purezza vinificato in rosé.
Con in mano una vecchia copia di un giornale che riportava un articolo dedicato a loro di più di 10 anni fa, raccontavano pieni di orgoglio e umiltà di come fosse nato tutto per gioco, del loro non sentirsi all’altezza del merito riconosciuto, quello di essere stati i primi a credere nelle potenzialità dei vitigni autoctoni piemontesi nella spumantizzazione del metodo classico secco.
Considerato che oggi sono decine le aziende che producono bottiglie del genere, direi che ci hanno azzeccato e alla grande!
Dalla foto un po’ sbiadita che ritrae Federico e Paolo si scorge come, nonostante il passaggio di due lustri e la strada fatta, sia rimasta immutata la loro modestia e la voglia di imparare.
Dal primo esperimento ad oggi, infatti, tra le loro etichette si annovera anche un Erpacrife Bianco, spumante metodo classico ottenuto dai vitigni autoctoni, erbaluce, cortese, timorasso e presa di spuma con moscato, un pas dosè che rimane almeno 24 mesi sui lieviti (2011 l’annata degustata).
Ognuna delle loro aziende meritava un “assaggio” ma per una questione di tempo ho puntato su due di loro. Partendo dalla novità presentata al Vinitaly, da Paolo e dalla sua Azienda Agricola Stella, il Foravia 2014 (Fuori dal comune), un cortese in purezza che macera per circa 7gg sulle bucce. Quasi un terzo della fermentazione in acciaio per poi essere travasato in barrique per i restanti due terzi della fase fermentativa. Affina altri 2/3 mesi “sur lie” con continui batonnage in legno, e poi di nuovo acciaio. In commercio dal prossimo maggio, è un vino ancora troppo giovane, ma di buon carattere e struttura, necessario un po’ di tempo per renderlo più morbido, essendo ancora un po’ irruento. Molto interessante la Barbera d’Asti 2014 Stravisan, la classica Barbera, molto fresca e leggermente tannica, che con un po’ di invecchiamento matura diventando più morbida ed elegante, come la sua sorella maggiore Barbera d’Asti docg Superiore 2012 Il Maestro il cru dedicato al fondatore dell’Azienda, Domenico Stella. Un vino di gran carattere, di buona acidità ma al tempo stesso una corposità tale da renderlo morbido ed elegante.
Mentre nell’azienda di Federico, Azienda Agricola Scarzello Giorgio e Figli, ho provato i suoi “Baroli”, 5 ettari completamente nel comune di Barolo (Sarmassa e Terlo).
Il primo, Barolo 2009 del Comune di Barolo, un’annata molto calda ma che ha conservato una certa freschezza, un Barolo molto più immediato, non marmellatoso, dai tannini alquanto morbidi.
Seguito dal Barolo Sarmassa 2008 Vigna Merenda, quasi 2 mesi di macerazione, 30 mesi di maturazione in botte grande da 25hl e altri 2 anni di invecchiamento in bottiglia. Un vino che ha bisogno di riposare un bel po’ poiché Federico lavora in riduzione quindi lo shock da imbottigliamento si sente. I suoi vini sono molto longevi, quindi questo tradizionale Barolo è ancora un po’ giovane, già estremamente elegante, anche se il tannino non è ancora del tutto bilanciato, tra qualche anno inizierà ad esprimersi ai massimi livelli.
L’annata 2006, calda ma non estrema, è già più pronta, sicuramente al palato risulta più piacevole, ma alla lunga credo che il 2008 la spunterà.
Cosa mi rimane di questo Vinitaly? Il valore delle persone e del lavoro, l’amicizia, il gioco di squadra. Certo il successo e il profitto sono sempre i fini di ciascun lavoro ma se questo lo si vive come passione, unione, forza e bene comune i risultati si vedono, negli occhi di chi li produce e nella qualità di ciò che è prodotto!
© Antonio Cimmino
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