Corriere del Vino – d’Araprì: Vino e musica per festeggiare una magica amicizia lunga 40 vendemmie!
Articolo pubblicato a ottobre 2018 su Corrieredelvino.it (https://bit.ly/2MZ7d31)
Anno 1979, mentre Cristo si fermava ad Eboli, Alan Sorrenti spopolava con Tu sei l’unica donna per me, il Milan si appuntava la sua prima stella e Pietro Mennea, la freccia del sud partita da Barletta, in un indimenticabile 12 settembre, correva 200 metri in 19″72, tre figli di Puglia, tre amici da San Severo, uniti dalla passione per il jazz, dall’interesse per lo Champagne e l’amore per i vitigni autoctoni, realizzano qualcosa di impensabile fino ad allora: fare della Capitanata, l’antica Daunia e odierna provincia di Foggia, una delle aree vitivinicole più apprezzate per la produzione di spumante metodo classico.
Una lucida utopia nata quasi per gioco, in modo un po’ incosciente, figlia di una giovane età e di un’epoca in cui ai sogni ci si credeva, che li ha portati a puntare su un vitigno locale, il Bombino Bianco, per farne quello che per la Champagne rappresenta lo Chardonnay.
Il risultato è stato sconvolgente, un vitigno dalle antiche tradizioni, famoso e redditizio per le sue altissime rese per ettaro, che lavorato da mani sapienti è capace di produrre un metodo classico fine ed elegante. Forse l’unica realtà, o una delle poche, al di sotto del Po, che da 40 anni si dedica esclusivamente a questo tipo di produzione.
Così è nata la cantina d’Araprì, melodioso acronimo delle iniziali dei cognomi dei tre amici fondatori: Girolamo D’Amico, trombettista, Responsabile tecnico, Louis Rapini, pianista, Responsabile vendite e marketing, mentre Ulrico Priore, contrabbassista, è lo Chef de Cave. Un nome che si può anche interpretare con la sua traduzione dialettale “da aprirsi” verso quel fantastico mondo del vino, quelle sue persone, che siano clienti o appassionati, ma soprattutto verso il loro territorio con l’adozione persino di una “Carta Etica e di Qualità”!
Un decalogo che fissa con la massima trasparenza i punti cardini di un percorso produttivo da rispettare senza se e senza ma, per mantenere intatta l’eccellenza e la personalità dei propri spumanti, come l’elaborazione in proprio di tutti i vini, proprietà della maggior parte dei vigneti al fine di garantire costanza nello stile, l’utilizzo dei vitigni autoctoni per almeno il 60% in tutte le cuvée, l’impiego del solo mosto fiore, fermentazione a temperatura controllata sotto i 20° C, il tirage entro il mese di marzo successivo alla vendemmia, la prolungata permanenza sui lieviti, i dosage minimali e l’utilizzo esclusivo di tappi in sughero bindellati di qualità extra.
La produzione annuale si attesta intorno a centomila bottiglie, e tutte queste affinano nei sotterranei del centro storico di San Severo, risalenti al diciassettesimo secolo, estendendosi per oltre 1.000 metri quadri ed ai quali si accede dallo storico palazzo del 1800 sito in via Zanotti, finemente ristrutturato nel 2007 e portato agli antichi fasti del passato. Palazzo d’Araprì, oggi rappresenta la sede e l’anima dell’azienda, mentre la vendangerie è aperta da settembre a marzo, solo per la preparazione delle diverse basi che poi saranno utilizzate per la seconda fermentazione.
Per festeggiare e celebrare le 40 vendemmie, il prossimo 26 ottobre, sarà presentato un nuovo spumante ottenuto utilizzando in purezza il vitigno autoctono per antonomasia di questo territorio, il Nero di Troia, un rosé, di cui non è dato conoscere ancora il nome fino alla presentazione ufficiale, che poi andrà ad affiancare in maniera permanente gli altri 6 classici di casa d’Araprì.
Il Brut è la certezza della casa, la prima etichetta ad essere prodotta, 60% Bombino Bianco, 40% Pinot Nero, almeno 24 mesi sui lieviti a riparo da luce e correnti d’aria. Minima aggiunta della liquer d’expedition per uno spumante dalle note fruttate, delicato e armonico al palato.
Il Pas Dosé, l’austero, è il prodotto più secco della casa, quello puro che non prevede aggiunta dello sciroppo di dosaggio per esprimere al meglio la sua personalità. 70% Bombino Bianco e 30% Pinot Nero, 30 mesi sui lieviti, dégorgement à la glace manuale ed ulteriore riposo di tre mesi prima della commercializzazione. Eleganza senza fronzoli. Less is more!
A chiudere la linea base il fragrante Brut Rosé, 100% da bacca nera (Montepulciano e Pinot Nero in parti uguali), nel colore ricorda i migliori Champagne ma baciati dal sole della Siticulosa Apulia. Al naso è intenso, ampio il bouquet floreale, dolce il suo fruttato. Al palato sa di mare, lunga persistenza ma soprattutto si fa bere facilmente.
La Riserva Nobile rappresenta l’autenticità, la tipicità di un prodotto che sa ed è di Puglia, solo Bombino Bianco, la prima fermentazione in legno per donare grassezza e complessità, almeno 3 gli anni sui lieviti, 6 g/l il residuo zuccherino. Il risultato è un perlage fine e vivo, il color è oro scintillante, il profumo è avvolgente, con note di pesca e agrumi che si fondono con sensazioni burrose e sentori di vaniglia. Il sorso riempie, è di sostanza, bello grasso ma al tempo stesso vivace, dinamico e specialmente indimenticabile.
La Gran Cuvée XXI Secolo è la sublimazione della loro produzione. Da parcelle di Bombino Bianco (60%), Montepulciano (20%) e Pinot nero (20%), vinificate solo nelle migliori annate, quando in fondo Epernay non sembra così distante dalla Capitanata. Per molti ma non per tutti, per chi vuole attendere quasi 6 anni dalla vendemmia per godere appieno questo spumante. Naso elegante, particolarmente equilibrato, con gli aromi del tabacco che si alternano a note di miele, profumi di albicocche e a fresche spruzzate di cedro e bergamotto. Bocca piacevolmente cremosa e di grande vivacità con acidità che sostiene al meglio la sua struttura.
Un vino che ha già dimostrato grande longevità ed un’innata predisposizione all’evoluzione, qualità che non si credeva potesse mettere in mostra un metodo classico Made in Sud. L’onere (e l’onore) della prova sono alcuni Récemment dégorgé della Gran Cuvée assaggiati durante la tredicesima edizione di Radici del Sud, manifestazione che ha come mission la valorizzazione dei vini autoctoni dell’Italia Meridionale, tra i quali uno spiazzante 2007 ed un poetico e musicale 2000, sboccato proprio quest’anno, praticamente diventato maggiorenne sui lieviti. Il primo millesimo, 1993, è uscito dalla cantina nel 2000, questo il motivo del nome “XXI Secolo”.
Chiusura affidata a La Dama Forestiera, l’etichetta più aristocratica della cantina (e non solo nel nome!) dedicato a Elisa Croghan, gentil dama inglese convivente dell’ultimo Principe di San Severo e di cui gestì i tenimenti, fino alla morte del Principe, che poi donò alla città di San Severo, divenuta così uno dei vigneti più grandi d’Italia. Regale è anche il suo formato, rigorosamente Magnum, per il dosaggio Nature, e per quell’essere un blanc de noirs da Montepulciano e Pinot Nero che matura almeno 5 anni nel sottosuolo di San Severo. Finezza, eleganza, sensualità e la bellezza disarmante di una donna d’altri tempi.
Questi primi 40 anni sono volati tra vino, musica e la magia di un’amicizia che resiste nel tempo, la stessa che lega già la seconda generazione con Anna, Daniele e Antonio, che oggi affiancano stabilmente i loro padri nella conduzione dell’azienda. La vite e la vita continua, come si ci augura, e proprio quest’anno un bel fiocco azzurro in casa dà il benvenuto alla terza generazione dei “d’Araprì”!
[Photo Credit: Antonio Cimmino; d’Araprì]
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