Il Südtirol in un bicchiere, dai 200 ai 1.000 metri di qualità!
Articolo pubblicato a maggio 2017 su LorenzoVinci (https://goo.gl/jwwnao)
L’evento organizzato dal Consorzio Vini Alto Adige in collaborazione con la Delegazione AIS di Milano, “Dalle valli alle vette: l’Alto Adige nel calice”, attraverso un banco di degustazione di cinquanta etichette ha proposto un viaggio, dalle valli alle montagne, alla scoperta di quei vitigni ideali a ogni fascia di altitudine e le loro interpretazioni secondo le diverse aree di produzione e tecniche di vinificazione.
Dai 200 metri del lago di Caldaro ai 1.000 metri di Magrè, nella Bassa Atesina, passando per la Valle dell’Adige, la Valle Isarco, la Val Venosta, Bolzano e Merano. 5.400 ettari vitati, che offrono una ricchezza unica di terreni e ospitano una ventina di vitigni alle altitudini più diverse.
Nonostante rappresenti uno dei territori vinicoli più piccoli d’Italia (solo 1% della produzione totale), è indiscussa la qualità della sua produzione vitivinicola e che potremmo provare a racchiudere in 10 punti:
- Un Popolo dalla mente “mitteleuropea” ma dal cuore “mediterraneo”
- 5000 vignaioli (in media un ettaro procapite), non sempre la vigna è l’occupazione principale, ma forte è l’orgoglio di fare del buon vino in ogni momento libero
- Millenni di cultura enoica: ritrovamenti di cesoie da vite e mestoli da botte in Alto Adige datati 500 A.C; nel 15 A.C. i Romani perfezionano la viticoltura già praticata dai Reti; nel 1850 l’Arciduca Giovanni introduce varietà nobili (vitigni bordolesi, Pinot e Riesling); siamo nel 1893 quando vede la luce ad Andriano la prima cantina sociale; è il 1896 l’anno in cui s’inaugura la prima Mostra Vini di Bolzano; mentre nel 2007 nasce il “Consorzio Vini Alto Adige” che oggi vede l’Alto Adige leader nella produzione dei vini bianchi in Italia.
- Perfette condizioni climatiche, forti escursioni termiche fra il giorno e la notte, presenza di venti freddi dalle Alpi e correnti calde che risalgono dal Mediterraneo, vigneti tra i 200 e i 1.000 metri, 500/800 mm annui di precipitazioni, 300 giorni di sole l’anno.
- Mosaico geologico di terreni, dal porfido vulcanico al calcare dolomitico passando dalla roccia metamorfica di quarzo e mica.
- Basse rese, vendemmie manuali, esposizioni diverse, terreni scoscesi nella maestria dei cantinieri altoatesini che non solo custodiscono la qualità delle uve vendemmiate, ma le rendono ancora migliori, utilizzando da un lato tecniche di vinificazione innovative, dall’altro intuito e sensibilità.
- 7 aree vitivinicole molto variegate, dal carattere forte ma unite da un’identità unica (Bassa Atesina, Oltradige, Bolzano, Valle dell’Adige, Merano, Valle Isarco, Val Venosta)
- Circa 20 vitigni diversi, tra cui gli autoctoni Schiava, Lagrein o Gewürztraminer e alcune varietà autoctone antiche, come il Fraueler, il Blatterle o il Versoaln.
- Un terzo di tutti i vini prodotti è destinato all’esportazione mentre il 50% è consumato in zona.
- La terra più ricca di vini a denominazione di origine controllata d’Italia, il 98% della sua produzione è Alto Adige (Südtirol) DOC e sono riconoscibili dal marchio “Südtirol” sulla capsula che ne garantisce la provenienza e la qualità.
I suoi vini bianchi sono conosciuti per i grandi aromi fruttati, per la loro freschezza, per l’estrema eleganza ma anche per la complessità e in alcuni casi per struttura e prospettive evolutive. I rossi fruttati, sapidi, potenti ma raffinati, strutturati ma accattivanti.
Interessante il banco di degustazione con le etichette proposte organizzate per vitigno e per altitudine, in modo da poter cogliere le differenze e il carattere del territorio di provenienza, come ha anche dichiarato Werner Waldboth, Direttore del Consorzio Vini Alto Adige “L’Alto Adige è un territorio che ospita vigneti ad una gamma molto variegata di altitudini. Questa grande variabilità regala ai nostri vini sfumature uniche e distintive, anche restando nell’ambito di uno stesso vitigno. Con il banco di assaggio di quest’anno intendiamo raccontare i nostri vini e il nostro territorio utilizzando questa chiave di lettura, proponendo le etichette in base a un criterio altimetrico e mettendo in luce le tante sfaccettature della produzione vinicola altoatesina”.
Solita partenza con l’eleganza e la freschezza del Pinot Bianco e il suo fruttato delicato, vitigno coltivato in A.A. dalla metà del 1850, diventato negli anni una delle varietà di punta, da cui si producono vini estremamente versatili. Tra quelli degustati spicca il Puntay 2016 di Erste+Neue (ora Kellerei Kaltern — Caldaro), dall’incredibile tonicità, freschezza e turgore dei profumi. Un vino fatto in vigna (dai 500 ai 650 m.) e preservato in cantina (5 mesi in acciaio e botte grande di rovere) e il Pratum 2014 di Castel Salleg dai vitigni più antichi del Preyhof, grande complessità, una freschezza di erbe aromatiche accompagnate dalla maturità della frutta tropicale.
Le prime viti di Riesling giunsero in Alto Adige già nel 1840, con barbatelle provenienti dalla sponda destra del Reno, e solo negli ultimi 15 anni grazie ai viticultori della Val Venosta e della Valle d’Isarco è stato riscoperto. In queste zone si caratterizza per un’acidità molto fruttata (agrumi e pesca) e per delle tenue e fini sensazioni floreali. Tra le migliori espressioni c’è quella di Andreas Pacherof da Novacella con il suo Riesling Pacherhof 2015 con vigne poste a 700 metri sul livello del mare, e che affina per circa 6 mesi sui lieviti fini in grandi botti di legno. Un vino scattante, agile, sapido e dalla lunga persistenza, che chiude su intriganti note floreali.
Un incrocio casuale, fra Traminer e Chenin Blanc, dette “vita”, probabilmente nella Francia sudoccidentale, a quel Sauvignon che solo negli anni 80 iniziò a diventar interessante per i viticultori della zona. Oggi sono 381 gli ettari vitati, circa il 7% del totale in Alto Adige, mentre erano solo 27 nel 1980. Nel corso degli anni lo stile dei Sauvignon si è differenziato abbastanza dagli altri territori italiani. Si potrebbe definire come il “floreale che non sa di vegetale”, poiché in Alto Adige le tipiche note erbacee e vegetali lasciano spazio agli aromi floreali e a sensazioni agrumate, che nel caso di affinamento in legno, si evolvono e diventano più complesse. Diversi e interessanti le rappresentazioni “moderne” di questo vitigno tra cui il Saxum 2016 di Weingut Pfitscher, (vigneti fino a 900 metri del Fiè allo Sciliar, solo acciaio) e l’iconico Sanct Valentin 2016 della la cantina St. Micheal-Eppan, da vecchie vigne poste a 600 metri sopra il paese di Appiano. È apparsa più estrema l’interpretazione di Baron Di Pauli con il Kinesis 2016 (12 ore di macerazione sulle bucce e un affinamento sur lie) per le sue note vegetali e speziate, ed una bocca calda, ricca e strutturata.
Il maggior successo vitivinicolo altoatesino degli ultimi 20 anni? Ovvio, il Gewürztraminer. Detto anche Traminer Aromatico, è una varietà a maturazione tardiva, che si trova nelle zone più calde e maggiormente soleggiate. Alquanto difficile da coltivare, è molto influenzato dalla zona dove è impiantato. Dà vini complessi, ricchi, molto caldi e dalla struttura avvolgente che quasi sempre hanno bisogno del giusto abbinamento gastronomico per essere apprezzati in pieno. Fortunatamente esistono anche dei Gewürztraminer da aperitivo, più freschi e delicati, vendemmiati prima rispetto alla maturazione ottimale di fine settembre, ma sempre corredati da un ampio bouquet aromatico come il Turmhof Gewürztraminer 2016 di Tiefenbrunner. Tra i più classici possiamo annoverare il Vigna Kastelaz 2016 di Elena Walch con la sua pseudo dolcezza cha affascina, ammalia, avvolge e non ti lascia più, e che richiama sempre un altro sorso, il Nussbaumer 2015 di Cantina Tramin un’esplosione di sensazioni, di emozioni, di profumi da farti perdere la testa.
Dal Cinquecento è sempre stata il riferimento nella viticoltura altoatesina, il vitigno principe, la Schiava (o Vernatsch in tedesco, dal latino vernaculus, ossia domestico), un po’ cruccio e un po’ salvezza dei viticultori della zona, tanto che ancora oggi è quello più diffuso (circa il 15% della superficie vitata)
Un vino schietto, sincero, beverino, elegante e da bere giovane nella sua interpretazione classica, complesso, ricercato, di territorio e con un grande potenziale d’invecchiamento nella sua nuova via. Un vino che non solo piace agli esperti ma soprattutto ai semplici appassionati, che lo adorano per il suo stile versatile in grado di abbinarsi sia a piatti tipici della tradizione sudtirolese sia a piatti più ricercati. Tra tutte queste ci piace segnalare il Santa Maddalena Classico 2016 (95% Schiava, 5% Larein) di Pfannenstielhof – Johannes Pfeifer, il primo vino a base di Schiava a ricevere i Tre Bicchieri Gambero Rosso.
Con certezza la patria “italica” del Pinot Nero è il Südtirol dove si trova il più importante “cru” nazionale per questa varietà, l’altopiano di Mazzon ad Egna che, insieme alle località confinanti di Glen e Pinzon (Montagna), ospita i meravigliosi vigneti che dominano la Valle dell’Adige, espressione di alcuni Pinot Nero che strizzano l’occhio a quelli della Borgogna, terra d’elezione di questo vitigno, dove si trovano quei Grand Cru considerati ormai il simbolo dell’eccellenza enologica. Tra quelli degustati si segnala Matan Riserva 2014 di Weingut Pfitscher, fine, elegante e sorretto da una fresca vena balsamica.
Anche se è universalmente riconosciuta per l’eccellenza diffusa dei suoi bianchi, la chiusura del banco d’assaggio è dedicata a 2 vini rossi, dei Supertiroler, che non hanno niente da invidiare alle migliori produzioni nazionali e internazionali, sono da godere fino in fondo in religioso silenzio, senza nessun altro commento, è il vino che parla: Merlot Riserva Brenntal 2013 di Cantina Kurtatsch – Cortaccia e Cor Römigberg Cabernet Sauvignon 2013 di Alois Lageder.
Appassionante il seminario condotto da Pierluigi Gorgoni, wine educator del Consorzio Vini Alto Adige, che ha preso in esame 6 vini del territorio, rappresentativi del tema dell’altitudine e che ha visto la partecipazione degli enologi di tre importanti aziende del territorio: Ivan Giovanett di Castelfeder, Harald Schraffl di Cantina Nals Margreid e Gerhard Kofler di Cantina Girlan.
Müller Thurgau Graun 2015, Cantina Kurtatsch. Annata generosa che pone l’accento sugli aspetti mediterranei di quest’interpretazione stemperati dall’altitudine dei vigneti a 900 metri in località Corona sopra Cortaccia. Spezie, pepe bianco e note che evocano eleganza. Un ritorno di bocca su una sapidità minerale che fa guadagnare al palato freschezza, velocità, profondità.
Pinot Bianco Sirmian 2015, Cantina Nals Margreid. Vigneti tra 500 e 700 metri che rappresentano una sorta di Monopole, il Sirmian. Un riferimento per il Pinot Bianco dalle mature sensazioni di frutta gialla, con intense note floreali. Un vino vibrante che non fa malolattica per preservare la freschezza. Equilibrio e armonia per un abbinamento perfetto: risotto agli asparagi.
Kerner Aristos 2016, Cantina Valle Isarco. A differenza del Gewürztraminer il Kerner predilige le alte quote e le temperature più fresche. Vinificato in acciaio per restituirne la purezza e l’espressività più intima. La freschezza dei toni dell’annata si ritrova nelle note floreali, cui si aggiunge il frutto bianco teso e acido che fa presagire un sorso croccante in un gioco tra estremi (alcol, acidità e zuccheri) che ritrovano armonia e forma.
Gewürtztraminer Von Lehm 2015, Castelfeder. Da un estremo all’altro, per arrivare alle zone più calde che ospitano questa varietà tardiva. Le uve del Von Lehm provengono da quattro cru vinificati separatamente. Un vino ampio e avvolgente, quasi da meditazione, alto contenuto alcolico che si amalgama perfettamente con lo zucchero residuo su altalenanti note Bitter&Sweet.
Schiava Gschleier Vecchie Vigne 2015, Cantina Girlan. Quella di Cornaiano è una delle Schiave più storiche dell’Alto Adige, ottenuta da vigne su pergole di oltre 80 anni. Tre passaggi in vendemmia per una Schiava che non ha paura del tempo.
Pinot Nero Schweizer Riserva 2014, Franz Haas. Un mosaico di Pinot Neri (Mazzon, Pinzano, Gleno, Montagna). Piacevole, fresco, avvolgente, elegante, per nulla grasso, alcolicità contenuta, pienezza del sorso e immensa complessità, più borgognone di così non si può.
[Photo Credit: Antonio Cimmino; Consorzio Vini Alto Adige; Stefano Malagoli; Fruitecom]
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