GIEMME – Fratelli e Sorelle diWine [PARTE PRIMA]
Articolo pubblicato a gennaio 2016 su Gastronomiamediterranea.com (https://goo.gl/fwh7Af)
Si sa che quello della viticoltura italiana è un mondo prettamente familiare, una passione, un legame con la propria terra che si tramanda di generazione in generazione. Sono i grandi nomi di famiglie, nobili e non, ad aver fatto e a fare, oggi come in futuro, la storia del vino italiano, affermandosi sempre più in giro per il mondo. Potrei azzardare e dire che il vero “made in Italy” sono loro, con l’intera filiera per produrre ogni singola bottiglia presente interamente in Italia.
Non è difficile quindi, per ciascuna di queste famiglie, parlare di fratelli o sorelle che attraverso il vino hanno rafforzato il loro legame e contribuito allo sviluppo di questo prodotto nello scenario internazionale. Non parlo dei soli nomi illustri, ma anche, e soprattutto, di piccole realtà e delle nuove generazioni under trenta (o quasi!) che hanno rivoluzionato le aziende di famiglia.
Quattro storie diversamente simili, due coppie di fratelli e due coppie di sorelle, da nord a sud per unire l’Italia sotto il segno diVino!
Non tutti bamboccioni questi giovani direi, e nemmeno fortunati per aver ereditato il duro e redditizio lavoro del nonno e del padre, perché in questo settore se non sei bravo, se la qualità non emerge sei fuori, qualunque nome porti o eredità tu riceva.
Quattro storie, quattro famiglie e quattro regioni: l’infaticabile Veneto, il “dimenticato” Oltrepò Pavese, le poetiche Colline Marchigiane e la Puglia monamour!
Le Sorelle Benazzoli, il vino ce l’hanno nel sangue. Il bisnonno, di origine trentina, dopo la guerra inizia un piccolo commercio di vini che, con l’aiuto del figlio Vittorio, si trasforma in qualcosa di più imprenditoriale, ponendo le basi dei nuovi vigneti in Valpolicella. Da questa terra partono Claudia e Giulia con la loro nuova avventura.
Il padre vendeva ancora vini in cisterna quando Claudia, oggi trentunenne, dopo una vita scandita dai ritmi delle vendemmie e gli studi in enologia, nel 2009 decide di dare un’impronta diversa all’azienda e creare una nuova linea di vini che meglio la rappresenti, poiché, come sostiene, il vino deve parlare delle persone e delle loro passioni.
In quest’avventura la segue la sorella Giulia, oggi ventiseienne, agronoma che ha condiviso pienamente questa vision. Nasce così il loro nuovo marchio aziendale.
Come in tutti i rapporti tra sorelle, si litiga e si fa pace, ci si scambia idee non sempre compatibili e quando non molla una lo fa l’altra. Testarde ma anche molto sagge, nonostante la loro giovane età, merito anche di un padre che rimanendo un passo indietro consiglia ma lascia anche che commettano errori, perché si sa che solo sbagliando si diventa grandi!
L’azienda produce un po’ tutta la classica linea della loro zona, utilizzando al meglio i vitigni autoctoni corvina rondinella e molinara. Si va dal Chiaretto in versione ferma o spumante, passando per il Bardolino Doc e chiudendo con quello da breve appassimento delle uve.
Se dovessi scegliere i vini che rispecchiano meglio le personalità di Claudia e Giulia non avrei dubbi.
L’eleganza, la modernità e l’eccentricità del Chiaretto Spumante Brut “Ruffiano”, prodotto con metodo Martinotti lungo, per Claudia. Mentre a Giulia abbinerei il Testardo, vinificato con 60% di Corvina, 15% di Rondinella, 15% di Molinara e 10% di Merlot, tutte leggermente appassite, dalla grande struttura e raffinata piacevolezza al palato.
In linea d’aria Montecalvo Versiggia non dista tanto da Milano, eppure l’Oltrepò Pavese spesso sembra un po’ fuori dalle direttrici che contano. Un territorio a tutti gli effetti parte della patria del Pinot Nero, probabilmente il vitigno a bacca rossa più elegante e soprattutto più affascinante in circolazione, ma tutto sembra abbandonato al suo destino.
In questa terra scopro Cristian e Stefano Calatroni, dell’omonima azienda agricola, la cui storia parte dalla mezzadria, quella del nonno dei ragazzi che si prendeva cura dei terreni dedicati principalmente alla sussistenza. Con grandi sacrifici negli anni ’60 riesce a riscattare due ettari di vigna iniziando così a vinificare per il suo fabbisogno quotidiano.
Su questa scia, il padre e lo zio di Cristian e Stefano affittano e comprano altri vigneti, sempre per una piccola produzione di vino sfuso e per conferire le uve alla cantina sociale.
Con l’iscrizione all’Istituto Enotecnico di Alba, Cristian sogna qualcosa di suo, di diverso, anche grazie alla grande amicizia con tre compagni di “collegio”, Erick Dogliotti, Paolo Stella e Federico Scarzello. Quella stessa combriccola che fonda ERPACRIFE una delle aziende che ha puntato (per prima!) sulla produzione di metodo classico da Nebbiolo in purezza vinificato in rosé. Nella propria “casa” Cristian cerca di far emergere la cultura piemontese, trasformando l’azienda e i suoi vini, rivedendo tutte le forme di allevamento, e ideando con Stefano, che entra a far parte dell’azienda a soli vent’anni, nel 2005, una tra le prime sale di degustazione in Oltrepò, visite in cantine per un turismo non più furtivo, e soprattutto una nuova produzione di vini. Per retaggio storico e per attaccamento alla propria terra iniziano con i vini della tradizione “vivace”, per passare a quelli fermi per poi lasciare libero sfogo alla creatività e sperimentare, producendo così oggi un Riesling Renano fermo più di matrice asburgica che italiana, e poi soprattutto dedizione al Pinot Nero, rigorosamente in Purezza.
Se Cristian è la mente, Stefano è il braccio operativo, disponibile a qualsiasi mansione, compreso il ruolo di “avvocato del diavolo” conoscendo molto bene i consumatori, i loro competitor, i diversi mercati esteri. Il motivo? Mi piace scherzarci su definendolo “braccia rubate all’agricoltura e regalate alla cucina”, infatti oltre ad occuparsi di tutta la parte commerciale ed essere sempre in giro a rappresentare l’azienda, come un vero Wine Ambassador, Stefano è l’Oste della Famiglia!!!
E’ l’anima, insieme alla mamma, del loro agriturismo, nato proprio da quella prima sala di degustazione di ben 15 anni fa. Un altro modo per Stefano di trasmettere le tradizioni enogastronomiche di questa terra. Come affermano entrambi, non cambierebbero questo lavoro per nulla al mondo poiché per loro “fare il vino” è uno stile di vita.
Difficile scegliere solo due vini che ben rappresentino questi due ragazzoni pavesi.
La voglia di Cristian di rilanciare l’Oltrepò Pavese vitivinicolo e l’esser stato uno dei fautori del nuovo progetto Il Distretto del Vino di Qualità dell’Oltrepò Pavese, quello della nuova Bonarda dei Produttori, mi porta ad associarlo proprio a quel “Vigiö” Bonarda dell’Oltrepò Pavese DOC (vivace). Una Bonarda, questa, dal disciplinare molto più restrittivo in termini di rese e di contenuto di anidride solforosa. La novità più importante però è che le uve devono provenire dai propri vigneti, devono essere vinificate nelle proprie cantine e commercializzate da ogni singola azienda.
Stefano invece me lo immagino a volte un “Perorossino”, un rosso proveniente da un unico piccolo appezzamento, Barbera 30%, Croatina 30%, Uva Rara 20%, e per il restante da vecchie vigne di vitigni autoctoni ormai non più coltivati in zona e di difficile classificazione come Cruà e Moradella. Un vino che danza tra le note olfattive e gustative di un tempo andato e l’eleganza e l’avvolgenza dei suoi morbidi tannini. Altre volte invece somiglia più al Pinot Nero Riserva, da uve leggermente surmature, circa un anno in barrique, (6 mesi nuove e 6 mesi di secondo passaggio). Un naso elegante, affascinante … un po’ più “internazionale” rispetto a quelli classici dell’Oltrepò che ben si adatta alla doppia anima di Stefano.
Il mio viaggio fa sosta qua, pronto per riprendere da una nuova famiglia, in una nuova regione alla scoperta di chi fa il vino d’Italia!
[Photo Credit: Antonio Cimmino, Azienda Agricola Calatroni, Antica Masseria Jorche]Bonarda, Calatroni, Chiaretto, Oltrepò Pavese, Pinot nero, Valpolicella, Veneto