GIEMME – “Kellereigenossenschaften” ovvero il fenomeno del sociale in SüdTirol
Articolo pubblicato a novembre 2014 su Gastronomiamediterranea.com (https://goo.gl/MQPZFj)
Nell’immaginario collettivo internazionale, quando si parla di vino in Italia, si pensa subito a Toscana e Piemonte.
Sono di certo le regioni più conosciute, ma non le sole, degnamente accompagnate da Sardegna, Campania, Abruzzo, Puglia, Veneto, Liguria, e direi che possiamo mettercele tutte!
Nota non solo per le sue meravigliose montagne oltre che per il suo buon vino, l’Alto Adige è la regione che si distingue per una forma speciale di associazionismo tra vignaioli, le “Kellereigenossenschaften” (“Cantine sociali” per i non tedeschi).
Molte volte si associa “la cantina sociale” ad un livello di qualità non eccellente, pregiudizio assolutamente smentito in questa regione in cui i migliori vini sono prodotti proprio da queste realtà. E se non bastano le parole a sostegno di questa tesi, ci sono i numeri.
Con i suoi 5.300 ettari di superficie vitata, di cui il 98% è soggetto al disciplinare DOC, l’Alto Adige ha una terreno molto frastagliato, con in media un ettaro a viticultore.
Nonostante rappresenti solo l’1% della produzione vinicola nazionale, rimane la regione con il maggior numero dei riconoscimenti delle principali guide nazionali (e non) in relazione alla superficie vitata, un rapporto di circa tre volte superiore alle altre regioni italiane.
Ai viticultori altoatesini si addice proprio il detto “nella botte piccola c’è il vino buono”!
Sembra che anche per il 2014 il trend sia confermato come si nota osservando “I Tre bicchieri Alto Adige 2015” del Gambero Rosso, le 5 Bottiglie dell’eccellenza secondo la Guida Vini d’Italia 2015 de L’Espresso, o i “Grandi Vini” di Slow Wine. Molti i vini premiati, per lo più vini bianchi con il Pinot Bianco in grande crescita.
Non è un caso che quest’anno si sia tenuta la prima edizione di Spatium Pinot Blanc a celebrazione di questo grande momento per il Weißburgunder.
Artefici di questo successo sono soprattutto le cantine sociali che, con il 70% dell’intera produzione regionale, vantano circa la metà di questi riconoscimenti.
Un caso, una coincidenza o “matematico” che i migliori vini altoatesini provengono quasi sempre da cantine sociali?
Personalmente preferisco pensare che è l’unione della molteplicità di caratteri e stili dei suoi vignaioli ed agricoltori a farne la forza.
Una forza che dura da più di un secolo, da quando, sotto l’Impero Austroungarico prima e nel Ragno d’Italia dopo la Grande Guerra, per far fronte a crisi del mercato, malattie, alluvioni, dazi doganali ridotti, concorrenza dei rossi italiani, la cooperazione e le sinergie furono le più naturali e vincenti soluzioni.
L’Alto Adige è suddiviso in sette principali zone vinicole, ognuna con una cantina sociale che rappresenta al meglio le caratteristiche del territorio. In alcuni casi ne è presente anche più di una, come nella Bassa Atesina, con i produttori di Termeno (Kellerei Tramin) e Cortaccia (Kellerei Kurtatsch).
Quest’ultima è la zona vinicola più estesa dell’Alto Adige, con più di un terzo della superficie vitata della provincia, e soprattutto la più calda.
I suoi principali comuni sono Salorno, Termeno, che ha dato i natali al Gewürztraminer, Cortaccia, Egna, Montagna, famosa per il Pinot Nero, e Magrè, nel cui comune ci sono vigneti piantati a più di 1.000 metri di quota.
Le tante e differenti tipologie e i particolari microclimi ne fanno la zona più rappresentativa della regione.
L’Oltradige è invece l’area meglio rappresentata dalle cantine sociali, tra queste i produttori di Caldaro (Kellerei Kaltern), di Cornaiano (Kellerei Girlan), di Colterenzio (Kellerei Schreckbichl), di San Paolo (Kellerei St. Pauls), di San Michele Appiano e Erste&Neue.
Considerato il cuore dell’Alto Adige enoico, con Appiano e Caldaro a guidare la classifica della produzione vinicola provinciale, ad oggi l’Oltradige non è più conosciuto solo come patria della Schiava, ma si sta imponendo con i suoi vitigni internazionali grazie anche ad un microclima particolare, a cui contribuiscono il Lago di Caldaro e 2000 ore di sole.
Una chicca della zona è la presenza del vitigno aromatico Moscato rosa.
La Valle dell’Adige ad un occhio superficiale sembrerebbe quella meno portata per la viticultura, invece si è imposta con una propria DOC specifica della zona per i vini bianchi, come l’“Alto Adige Terlano”, il Pinot Bianco e il Sauvignon in testa a tutti, ma anche con la speciale cuvée “Terlaner”, ottenuta prevalentemente da uve Pinot Bianco, Pinot Grigio e Chardonnay.
Le cantine sociali più rappresentative della zona sono quelle di Andriano (Kellerei Andrian), di Nalles (Kellerei Nals Margreid) e di Terlano (Kellerei Terlan)
Particolarmente votata ai vini rossi è la regione di Bolzano, con i suoi due vitigni più rappresentativi, Lagrein e Schiava. Il primo è un classico autoctono dell’Alto Adige che un tempo invece veniva vinificato solo in rosé, mentre il secondo solitamente viene vinificato con Pinot Nero o Lagrein stesso per dare origine al rosso altoatesino probabilmente più conosciuto, il Santa Maddalena, che prende il nome dalle omonime colline di produzione.
La cantina sociale della zona è quella dei produttori di Bolzano (Kellerei Bozen), nata dalla fusione tra le cantine di Gries e Santa Maddalena.
La Valle Isarco è famosa per i suoi bianchi, soprattutto Sylvaner e Riesling, che “monopolizzano” i 320 ettari vitati dell’intera valle con il 95% della produzione, con sapidità, freschezza e mineralità tra le caratteristiche principali. Circa la metà degli ettari vitati appartiene ai 130 soci della cantina dei produttori (Kellerei Eisacktaler).
La zona vinicola del Burgraviato è quella che comprende Merano e i paesi limitrofi (Lana, Marlengo, Lagundo, Tirolo). Il clima è mite e temperato, mentre i terreni sono principalmente sabbiosi, tali da creare condizioni ottimali per la viticoltura. Dal 1971 tutti i vini a base di Schiava prodotti nei dintorni della città sono a denominazione di origine controllata, la DOC “Alto Adige Merano”.
Anche Pinot Nero e Merlot son ben diffusi e hanno sviluppato nel tempo una interessante freschezza.
Fino a poco tempo fa, erano due le principali cooperative di produttori della zona, la Cantina Burggräfler e la Cantina Vini Merano (1952), che dal 1 luglio 2010 si sono unite nella Cantina Merano Burggräfler.
Concludiamo con la zona con la superficie vitata più piccola dell’Alto Adige, 35 ettari, la Val Venosta, che solo dal 1995 si può fregiare della DOC. Quest’anno quattro dei suoi vini han conquistato i Tre Bicchieri del Gambero Rosso. Gran bel traguardo per un territorio grande quanto un media azienda italiana.
Sono trascorsi quasi 20 anni da quando, per la prima volta, fu premiato con un Tre bicchieri un vino di una cantina sociale dell’Alto Adige. Scelta alquanto anticonformista per l’epoca che ha dimostrato come “il tempo sia un galantuomo” poiché dietro quella scelta evidentemente c’erano dei razionali ben saldi, il cui resto l’han poi fatto i viticultori bolzanini.
E’ proprio da questi viticultori che vorrò partire, nella mia prossima tappa!
[Photo Credit: Antonio Cimmino]Alto Adige, Bassa Atesina, Burgraviato, Gewürztraminer, Kellerei, Kellereigenossenschaften, Lagrein, Moscato Rosa, Oltradige, Pinot Bianco, Pinot nero, Riesling, Santa Maddalena, Sauvignon, Schiava, Südtirol, Sylvaner, Terlaner, Val Venosta, Valle dell’Adige, Valle Isarco, Vernatch