Enoframmenti di Collisioni … dall’Arneis al Cayega
Raccogliendo frammenti di racconti e degustazioni, proseguo con un altro bianco, un gran vino del Roero, l’Arneis, di cui proprio in questi giorni decorre il 25esimo anniversario della sua denominazione di origine controllata.
Un incontro che ha visto l’intervento di due rilevanti figure del settore quali Michele Longo, scrittore, curatore della Guida D’Agata&Comparini dei migliori vini d’Italia, nonché co-autore insieme a Ian D’Agata di un libro su Barolo e Barbaresco di prossima uscita, e Young Shi, consulente, giornalista, fondatrice di Tastespirit.com, il sito di settore più seguito in Cina, e collaboratrice di jancisrobinson.com di cui ne cura l’edizione del dizionario del vino, oltre che giudice in diverse gare internazionali.
Una degustazione che ha contato anche sulla presenza di Franco Miroglio, della Tenuta Carretta. Con la direzione editoriale della guida free Press “Uscire Piemonte”, mensile con già 5 anni di storia, e la paternità, condivisa con Manuedi Masuka e Aldo Cingolani, della “edizione zero” della Food Wine Design Week, manifestazione che ha unito cibo, vino e design nel segno del buon gusto, Miroglio ha il grande merito di promuovere attivamente il suo territorio in tutte le sue sfaccettature.
A moderare il tutto Giancarlo Montaldo, giornalista, consulente aziendale, direttore di Barolo&Co ed esimio conoscitore dei grandi vini della zona ma soprattutto delle caratteristiche e differenze dei diversi terroir.
Del Roero Montaldo ha sottolineato e rimarcato l’origine e la conformazione geomorfologica che ne definisce il carattere. Il fiume Tanaro divide nettamente i territori del Roero, alla sua sinistra, e quelli della Langa alla sua destra, mentre 250.000 anni fa il fiume correva più a Nord.
Da questa evoluzione risulta che il Roero è relativamente più giovane, emerso dalle “acque padane” in un tempo più recente, ragion per cui nei suoi terreni si trovano i classici residui marini, come fossili o conchiglie ed essi stessi sono sciolti, più sabbiosi, quindi terreno fertile per l’Arneis, rispetto alla compattezza delle terre della Langa, calcaree e argillose.
Si dice che il nome stesso, Roero, derivi da un termine piemontese che indica una persona irascibile, poco attendibile, difficile da controllare, facile dunque intuire le caratteristiche di questo vino.
Come per altri bianchi della zona, ad esempio la Favorita, anche questo vitigno a bacca bianca era considerato di qualità inferiore rispetto al Signor Rosso da frutto nero. Negli anni 60/70 questa tipologia di vite veniva posta ai margini dei vigneti a protezione dei vitigni da rosso, poiché maturava prima degli altri e quindi era la prima vittima degli attacchi di uccelli ed altro, preservando così le bacche dei vitigni nobili. Fu durante gli anni 70 che proprio Carretta in Roero, Giacosa e Vietti in Langa iniziarono a vinificarlo. Si iniziò con 50% di Arneis e 50% di nebbiolo vinificato in bianco, dando luogo al “Bianco dei Roeri”, denominato così fino al 1977. Questo fu solo il primo passo che ha portato al riconoscimento della DOC Arneis nel 1989 diventata DOCG nel 2004.
Se si pensa che solo quarant’anni fa l’Arneis aveva non più di 20 ettari di terreno vitati, contare oggi 800 ettari con oltre 6 milioni di bottiglie prodotte, rende l’idea della “fortuna”.
La sua vera fortuna direi che è anche sinonimo di “Miroglio”.
Nel 1985 la famiglia Miroglio rilevò Tenuta Carretta in Piobesi d’Alba, appartenuta a diverse famiglie nobiliari, compresi i Conti di Roero, con un duplice scopo. La bellezza della tenuta chiedeva insistentemente di essere riportata allo splendore di un tempo, senza però perdere di vista quella che poteva considerarsi la moda, o il fenomeno, del momento: produrre vini varietali in purezza.
Con una cantina rinnovata, radicata sulle sue tradizioni ma arricchita di una forte componente commerciale pronta a recepire le esigenze di mercato, partì la produzione e la vendita del Roero Arneis.
Nello scegliere il nome della nuova prima produzione si optò per Cayega, una parola un po’ esotica ma con un significato particolare e a mio parere delizioso. Punta Cayega era lo scoglio da cui, a Portofino, nonno Franco era solito tuffarsi durante i suoi bagni nella sua settimana di vacanza in questa stupenda località.
Un nome che richiamava alla bellezza italiana nel mondo e che ricordava quel mare che un tempo era stato Roero, perfetta evocazione della principale particolarità di questo Roero Arneis DOCG Cayega 2013, mineralità e sapidità.
Una finestra interessante sull’Oriente l’hanno aperta i racconti di Young Shi che ha rimarcato subito la maggiore consapevolezza del cliente davanti ad un buon prodotto. E’ importante dunque per i vini autoctoni italiani continuare a percorrere la strada della qualità che si trasforma immediatamente in domanda, in maggiore richiesta. Il Cayega, come altri del posto, sono ottimi vini che per incrementare le vendite, in questo mercato, devono superare la barriera degli abbinamenti a tutto pasto. Anche se le tradizioni stanno un po’ cambiando, in Cina a pranzo si servono una decina di portate molto diverse tra loro, e questo crea “milioni di problemi”.
Young non si è comunque preclusa di suggerire il Cayega abbinato sia ad antipasti freddi sia al piatto simbolo della cucina cinese, l’anatra, di solito abbinata al rosso, comodamente sostituibile grazie alla nota dolce dovuta alla grande maturazione dell’uva.
Con il cappello di giudice internazionale in gare di degustazione, Young ci ha eruditi con una minuziosa degustazione tecnica. Il Cayega si presenta di un colore giallo paglierino carico, molto intenso, aromatico, note fruttate dolci di Mango, Ananas, ma anche il classico profumo di Pera e Pesca, sentori di fiori bianchi, gelsomino, una nuance biscottata e un velo di vaniglia. Al palato cremoso ma non pesante, si nota una certa leggerezza, agilità ma con un corpo importante, molto bilanciato ma che spinge, prova ad andare oltre, bell’acidità, freschezza che dà piacevolezza, che non stanca, che invoglia ad un altro sorso, come ha detto anche lei “fa acquolina in bocca!”. Si vede, ma soprattutto si sente, che è stato vendemmiato al momento giusto. Tutto quadra, il vino è maturo e la persistenza è lunga.
Michele Longo ne ha sottolineato la piacevolezza, la sapidità, la freschezza, il suo “sorso che tira l’altro” rimarcandone l’anima del produttore, la sua voglia di fare un “grande” vino, in grado di trasmettere emozioni ma facile da bere, con una grande esperienza gustativa, una piacevolezza che trae la sua principale forza dall’armonia.
Si è chiusa così questa mini crociera da Roero Arneis a Punta Cayega e ritorno!
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