Un “classico” nell’antica Daunia
Come molti sanno, in Italia non esiste un nome unico e riconoscibile da tutti per evocare il nostro metodo classico, come avviene in Francia per lo Champagne (o la Champagne come si dice in alcune città italiane con trascorsi storici sotto la dominazione Francese)
Denominarlo Trento Doc, Franciacorta Docg, Alta Langa Docg, Oltrepò Pavese Docg, solo per citarne alcuni, significa valorizzarne la provenienza, il territorio delle nostre eccellenze vitivinicole.
L’ultimo dei miei viaggi, nelle cantine e per produttori pugliesi, mi ha stuzzicato l’idea, o semplicemente il desiderio di un metodo classico che sia solo “d’Araprì”, magari non sugli annali ma nell’immaginario collettivo di intenditori o di semplici amatori del nettare daunio.
d’Araprì è forse l’unica, o una delle poche, realtà vinicole al di sotto del Po che da 35 anni si dedica esclusivamente alla produzione del metodo classico. Siamo già alla seconda generazione dei “d’Araprì” che si allena sia in cantina che in una capillare gestione commerciale italiana ed estera.
Sbirciando nel loro sito leggo di una serie di riconoscimenti ed etichette, come il Dama Forestiera e il Pas Dosè, diventati dei classici del panorama metodo classico italiano, seppur ne lla loro specificità. Degno dei suoi predecessori anche il Gran Cuvée XXI Secolo 2007 che quest’anno si è aggiudicato la quindicesima edizione degli “Oscar del vino” 2013 come miglior vino spumante.
Un’avventura nata nel 1979 quasi per gioco, un gioco in cui la passione per il jazz e l’amore per i vitigni autoctoni portano tre amici a partire dal Bombino Bianco, insieme al Pinot nero e Montepulciano, per realizzare delle cuvée che non hanno niente da invidiare ai migliori produttori di champagne. Il plus è la valorizzazione del vitigno locale Bombino Bianco, che in Puglia rappresenta quello che è lo Chardonnay per gli altri metodi classici .
Nasce così d’Araprì, acronimo armonioso dei suoi fondatori Girolamo D’Amico, Louis Rapini e Ulrico Priore.
La mia visita natalizia alla cantina è stata accolta da Antonio Pomodoro, figlio di uno dei tre soci della cantina. Un secondo nome che ha stuzzicato subito la mia ‘sete’ di conoscenza. Mi racconterà la sua genesi la prossima volta che ci vedremo, mi ha promesso!
Da appassionato sia di vini che di arte, mi piace pensare ad una genesi un po’ poetica, dove il metodo classico si interseca, si sfiora, diventa parte integrante dell’arte moderna e contemporanea, come già succede in Franciacorta. E’ infatti impresso ancora nella mia mente, e forse anche in quella di qualcuno di voi, l’ingresso della famosa azienda vitivinicola franciacortina Ca’ del Bosco, l’imponente opera in bronzo del “Cancello Solare” realizzata dal celebre scultore Arnaldo Pomodoro o il rinoceronte a grandezza naturale sospeso proprio all’entrata della cantina di Stefano Bombardieri.
Forse tale connubio risulta un po’ difficile, semplicemente perché alla cantina dei d’Araprì, si arriva percorrendo un dedalo di viuzze e vicoli medievali del centro storico di San Severo, dove una piccola piazza fa bella mostra del bellissimo palazzo Ottocentesco sede della cantina. Potrei rivedere l’abbinamento e pensare a qualche bell’affresco di Nettis per omaggiare la sua patria e i suoi pregiati frutti!
Storia, poesia e arte, si sa, fan solo da contorno quando si parla, o meglio si gusta del buon vino. Vorrei quindi concludere con delle mie personalissime ‘pillole di degustazione’ su una delle produzioni della cantina, sperando possa spingere anche voi a testare e conoscere questa avventura nostrana!
Il Pas Dosè si presenta con un colore giallo paglierino carico e con riflessi che tendono al dorato, brillante con perlage fine e persistente, al naso intenso, fine e complesso con aromi che vanno dai fiori bianchi, frutta gialla (ananas, pesca gialla, banana) agrumi e naturalmente lieviti con qualche nota minerale.
Fresco e leggermente sapido, fin di bocca persistente con una piacevole nota amarognola di mandorla.
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